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Il latte vaccino è sano?
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Continuiamo gli articoli che riguardano l’allevamento biologico per comprendere meglio il motivo di questa scelta rispetto al metodo convenzionale.
Si è parlato di “moda del biologico”, termine usato a mio avviso,per svalutare un movimento che cerca in qualche modo un’alternativa non solo di salubrità del cibo, ma che ha come base un codice etico. Tra i primi a sostenere la produzione biologica sono stati i gruppi di acquisto solidale (GAS), gruppi spontanei formatisi per acquistare all’ingrosso cibo e prodotti ecocompatibili da ridistribuire tra i partecipanti. Ed è proprio nell’aggettivo solidale che si trova lo spirito che dovrebbe animare tutto il comparto biologico.Solidali con i piccoli produttori e allevatori, che vengono aiutati, attraverso gli acquisti e il sostegno a mantenere piccole realtà che sarebbero scomparse per via delle multinazionali alimentari.. Dunque solidali con l’ambiente, in quanto un allevamento biologico inquina molto meno di un allevamento intensivo, e solidali con gli animali che possono vivere e produrre conducendo una vita dignitosa. Solidali con i lavoratori che devono essere messi in regola e protetti da incidenti sul lavoro.
Un articolo apparso a marzo 2010 sulla rivista “Altra economia” dal titolo “L’impronta dei bovini “a cura del Dott. Marco Verdone, ci mette di fronte alla crescita numerica spropositata della popolazione animale nel mondo.
I numeri che si citano sono impressionanti: nel 2007, secondo dati FAO, erano allevati nel pianeta 24 miliardi e 300 milioni di animali, di cui i bovini erano 1 miliardo e 300 milioni, in numero equivalente alla popolazione cinese. In Italia, sempre nel 2007 erano presenti 6 milioni di bovini e secondo dati Istat del 2008 finiscono al macello, in Italia, 24 milioni di grossi animali (bovini, equini, suini, bufalini, ovicaprini) , 29 milioni di conigli e 470 milioni di avicoli (polli, tacchini, faraone ecc), in totale circa mezzo miliardo di animali.
Sempre secondo dati FAO, cita l’articolo, il consumo di carne e latte nel 2050 si sarà raddoppiato. Ogni anno vanno al macello 300 Milioni di bovini, 820.00 capi ogni giorno, tanto che se li mettessimo uno dietro l’altro, dice il Dott. Verdone, si formerebbe una fila da Reggio Calabria a Monaco di Baviera. La maggior parte di questi animali, per essere macellati, è sottoposta a viaggi lunghissimi dall’est europeo fino in Sicilia.
Quanto costa in termini energetici far circolare ogni giorno migliaia di tir sulle strade europee, con consumo di carburante, inquinamento, incidenti stradali, traffico?
In questi lunghissimi viaggi gli animali sono sottoposti a dolore e sofferenza. Rimangono per giorni in piedi, senza potersi coricare, in condizioni di sovraffollamento, senza scendere, con soste sotto al sole o al freddo, una quota consistente di loro muore o si ammala gravemente, benchè vi siano dei regolamenti precisi che tutelano il trasporto di animali vivi.
Ci si dovrebbe chiedere anche che caratteristiche organolettiche ( tenerezza sapore consistenza odore) possa avere una carne proveniente da animali cibati con OGM e stressati.
Questi animali sono stati cresciuti in allevamenti intensivi e dunque già da condizioni di sofferenza, dove per mantenere un equilibrio sanitario, si è costretti ad utilizzare antibiotici per evitare il diffondersi di malattie. Una quota di residuo di chemioterapici e antiparassitari, le così dette p.p.m., parti per milione, rimane nelle carni e si tratta di metalli pesanti, quali cadmio, mercurio piombo e altri. Per non parlare della resistenza agli antibiotici che sta assumendo proporzioni preoccupanti.
La scelta di consumare carne biologica riduce notevolmente i rischi di ingerire Ogm, metalli pesanti e chemioterapici. Per quale motivo?
Gli animali sono allevati in condizioni che permettono loro una vita serena in armonia con l’ambiente e con i propri simili, alimentati con cibo non geneticamente modificato, senza promotori di crescita o terapie antibiotiche preventive.
Gli spostamenti sono ridotti al minimo, perché gli allevamenti si trovano in zona e gli impianti di macellazione nel giro di decine di km. Si dice infatti “ a km 0”
Viene incrementato il mercato locale, aiutando i piccoli produttori a sopravvivere alle multinazionali e si sostiene la tradizione di razze locali, resistenti a malattie e patrimonio zootecnico nazionale, che altrimenti scomparirebbero, inghiottite da un mercato globale.
Dato che il prezzo della carne biologica è superiore a quello di mercato, si induce il consumatore a consumare meno carne a favore di cibi “meno nobili”, come legumi, verdure, carboidrati, uova, formaggi (sempre bio!) . Sempre dall’articolo leggiamo che il consumo di carne nei Paesi sviluppati si è attestato nel 1995 su 77,3 chili a persona/ anno, e ha raggiunto gli 82,1 chili nel 2005. Ma solo per una parte del mondo, l’altra muore di fame!
Gli animali utilizzati nella zootecnia biologica ricevono come prime cure in caso di malattie trattamenti omeopatici e fitoterapici che non lasciano residui nelle carni e nell’ambiente.
Come ho scritto nell’articolo precedente, non tutti purtroppo si rivolgono a veterinari omeopatici, adducendo scuse che conosciamo bene : “ con l’Omeopatia si possono affrontare solo patologie lievi” se le malattie si fanno serie l’Omeopatia non funziona!” e così via.
Per fare un esempio, la mastite nella vacca da latte è una patologia che può assumere toni drammatici; affrontata in tempo, con l’omeopatia può essere curata spendendo cifre irrisorie (5 euro contro 200 costo di una terapia tradizionale), senza lasciare residui nel latte e con una guarigione completa in breve tempo. La condizione è che gli animali vengano allevati in modo naturale, con accesso ai pascoli, favorendo la riproduzione naturale rispetto a quella artificiale, utilizzando razze locali che sono rustiche e non spingendo le produzioni che hanno trasformato l’animale in una macchina tecnologica ad alta produzione.
Anche le greggi di pecore possono essere trattate omeopaticamente evitando di usare antiparassitari di cui negli ovini si fa un grande uso, arrivando a un equilibrio tra ospite e parassita, che è del tutto naturale. Tutti i medicinali tradizionali assunti dagli animali vengono escreti nelle urine e nelle feci in forma attiva e inquinano terreno e falde acquifere.
Per concludere se gli animali vengono allevati in numero minore, può esserci spazio per farli vivere dignitosamente, si ammalano meno o per niente, la qualità del prodotto è migliore e contribuiamo a inquinare meno.
Scusate se è poco!
Dott.ssa Carla De Benedictis
Medico veterinario Omeopata
Velletri (Roma)
Avermectine, ambiente e zootecnia biologica
Avermectine, ambiente e zootecnia biologica – a cura di Francesca Pisseri
Gli antiparassitari di sintesi ad ampio spettro vengono sovente somministrati agli animali da allevamento quali bovini, ovicaprini, suini, e ai cavalli in maniera routinaria, da 2 fino a 4-6 volte l’ anno. Anche nel cane è una pratica diffusa per il controllo di alcune parassitosi. Una classe di farmaci molto utilizzata è quella delle avermectine, antiparassitari ad amplissimo spettro, in grado di uccidere 85 specie diverse di parassiti dei mammiferi domestici, del pollame, dei pesci e delle piante. Le avermectine, escrete soprattutto con le feci degli animali sottoposti a trattamento, hanno una lunga persistenza nell’ambiente, valutata in diversi esperimenti da alcune settimane ad alcuni mesi. Per la loro natura lipofila e scarsamente volatile si legano soprattutto al suolo e alla materia organica, e alcune condizioni come il freddo e l’ anaerobiosi prolungano la loro persistenza. Vi sono scarsi dati circa la ecotossicità e la persistenza dei loro metaboliti (sono13 per la ivermectina). Sono nocive per moltissime specie di invertebrati, molto importanti per la conservazione e l’ equilibrio di ecosistemi sia acquatici che terrestri, appartenenti agli ordini: Dictyoptera, Anoplura, Homoptera, Thysanoptera, Coleoptera, Siphonaptera, Diptera, Lepidoptera e Hymenoptera, e per alcune specie di pesci. Gli insetti sono fondamentali in quanto partecipano al riciclo dei nutrienti, contribuiscono al mantenimento della sostanza organica del terreno e quindi della fertilità, sono fonte di cibo per vertebrati quali uccelli, anfibi, mammiferi. Le feci dei mammiferi, in particolare dei bovini, costituiscono un microhabitat per lo sviluppo di numerose specie di invertebrati. Un largo utilizzo delle avermectine tende quindi a far decrescere la biodiversità. La pratica routinaria è quella di effettuare trattamenti antiparassitari periodici nelle specie zootecniche e nel cavallo, soprattutto nel caso in cui i soggetti pascolino. Negli ultimi anni sono stati messi in evidenza fenomeni di farmacoresistenza da parte dei parassiti ai farmaci di sintesi. Nell’allevamento biologico il letame prodotto dagli animali viene utilizzato per fertilizzare i campi, quindi la somministrazione di molecole ecotossiche che raggiungano le escrezioni animali implica un impatto sull’ ambiente. La precedente normativa sul biologico (Reg. CEE n. 2092/91, Reg. CEE 1804/99) imponeva dei limiti al numero dei trattamenti antiparassitari, e al tipo di molecole da utilizzare, che dovevano essere caratterizzate da“ basso impatto ambientale, una rapida metabolizzazione, limitati effetti tossici e tempi di sospensione inferiori ai 10 giorni.” L’ attuale Regolamento (Reg. CEE889/2008) toglie tali limiti all’utilizzo degli antiparassitari, tali farmaci vengono inoltre aggiunti alle eccezioni in base alle quali, se un animale subisce molti trattamenti, può comunque essere commercializzato come biologico.“Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in 12 mesi …….. gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti biologici e gli animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti all’articolo 38, paragrafo 1.” Vi sono molte pratiche, sia mediche che gestionali, utili a limitare le parassitosi negli allevamenti, come rotazione e turnazione dei pascoli, attenzione alla genetica e alla igiene dell’ allevamento, omeopatia e fitoterapia. Il trattamento farmacologico di sintesi deve essere mirato, e non routinario, l’opportunità del trattamento antiparassitario va valutata dal medico veterinario in relazione allo stato di salute degli animali, alla qualità e quantità di parassiti presenti (analisi parassitologiche di tipo quantitativo) utilizzando molecole a spettro limitato, meno ecotossiche rispetto a quelle ad ampio spettro. In natura si instaura un equilibrio tra ospite e parassita,e una bassa infestazione degli animali stimola meccanismi naturali di difesa, può essere controindicato sottoporre a trattamenti animali continuamente esposti e reinfestioni, come gli animali che pascolano, ma conviene invece implementare pratiche gestionali di contenimento della carica parassitaria nei pascoli e pratiche mediche che supportino la naturale resistenza degli animali. Come si evince da alcuni studi i trattamenti omeopatici possono favorire un contenimento della carica parassitaria sotto la soglia di rischio sia zootecnico che sanitario.
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Allevamenti intensivi responsabili del gas serra
Articolo tratto dalla rivista per pazienti della F.I.A.M.O. “Il Granulo” n 14
A cura di Carla De Benedictis Medico Veterinario Velletri Roma
LA LUNGA OMBRA DEGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI.
Livestock’ long shadow
Nell’ultimo numero abbiamo parlato dell’enorme quantità di animali che vengono allevati sulla terra e dei viaggi estenuanti che subiscono per essere trasportati per migliaia di km e macellati in condizioni di stress.
A causa di questo grandissimo numero gli animali, si parla di circa 24 miliardi e 300 milioni sulla terra devono per forza venir allevati intensivamente, altrimenti non ci sarebbe abbastanza spazio per tutti.
Non tutti sanno che proprio l’allevamento intensivo è tra le maggiori cause di aumento di temperatura terrestre.
Da un interessantissimo libro bianco redatto dalla LAV, “cambiamento climatico e allevamenti intensivi”, si legge che dagli ultimi 50 anni la temperatura terrestre ha iniziato ad aumentare fino a 1°C e la scienza è d’accordo sull’affermare che questo è dovuto ad attività umane. Studi condotti anche dalla FAO hanno consentito di stabilire che oltre il 51% dei gas serra, denominati Green House Gases, soprattutto metano, anidride carbonica e protossido d’azoto sono causa del riscaldamento globale. Il loro meccanismo di azione consiste nell’intrappolare il calore nell’atmosfera. Gli effetti di questo sono l’aumentata piovosità , lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello del mare con progressiva scomparsa delle coste, esondazioni violente, e la desertificazione di vaste aree dell’Africa, riduzione dello strato di ozono, acidificazione degli oceani con riduzione del ph ed effetto sull’ecosistema.
Gli effetti si fanno sentire anche sull’agricoltura per qualità inferiore delle produzioni, sulle specie animali e vegetali che vanno in via di estinzione, sulla diffusione di malattie.
C’è una stretta connessione tra l’aumento di allevamenti intensivi e produzione di gas serra, infatti per produrre carne e latte in eccesso, si emette in atmosfera GHG
E’ proprio la FAO che nel 2006 esce con un dossier intitolato come il nostro articolo “ livestock’s long shadow (la lunga ombra degli allevamenti intensivi) in cui è stato calcolato che il 51% di anidride carbonica, metano e protossido d’azoto è emessa dagli allevamenti contro il 14% della attività di trasporto via terra, acqua e mare
Si tratta di una vera emergenza e sono di nuovo tutti d’accordo nel prendere l’unico provvedimento possibile: ridurre al minimo la presenza degli allevamenti intensivi.
Ma come è possibile che gli allevamenti siano la causa di ciò? Una percentuale di questi gas, es CO2 si produce con la respirazione degli animali e di contro sono state tagliati migliaia di ettari di foreste. Come sappiamo le piante hanno la capacità di captare anidride carbonica e trasformarla in ossigeno attraverso la fotosintesi clorofilliana.
Il metano si produce con i processi digestivi del rumine di bovini, ovini e caprini e dall’evaporazione dei gas contenuti nel letame. Il monossido di azoto, che ha il più alto potere riscaldante tra i tre, invece proviene dai fertilizzanti chimici usati in agricoltura intensiva e dal letame degli animali che invece di essere usato al posto di questi, viene lasciato inutilizzato ad evaporare nell’atmosfera.
Abbiamo detto che è stata attuata una deforestazione selvaggia, specialmente in Amazzonia e questo per fare posto sempre al grande numero di animali allevati e a coltivazioni intensive .
Lo stesso scempio si compì in America durante il periodo della conquista del west con la decimazione dei bisonti, che stavano rischiando l’estinzione, che erano insieme ai nativi americani, dei fruitori liberi di pascoli, che invece servivano ai coloni americani per installarsi nel territorio e per la grande richiesta di carne da parte dell’Europa.
Ma una buona parte delle foreste dell’amazzonia è stata tagliata per far posto ad agricoltura intensiva di soia, che serve poi per…alimentare i bovini. Un terzo delle coltivazioni mondiali è utilizzato per produrre cereali e foraggi per animali e un 20% dei terreni mondiali è desertificato per via del troppo sfruttamento.
LA SOLUZIONE: per la FAO le emissioni di gas serra devo essere dimezzate al più presto e dunque bisogna ridurre drasticamente il numero degli allevamenti intensivi e il consumo di prodotti di origine animale. Se ogni paese riducesse solo del 10% i consumi di carne questo equivarrebbe per ogni italiano alla diminuzione di 8 kg annui, ovvero di 150 g a settimana sostituendo la porzione di carne con un piatto di legumi. Sostituire cioè un piatto di proteine animali con proteine vegetali. In parole povere un piatto ricco di proteine vegetali riduce dalle 10 alle 30 volte l’emissione di gas serra rispetto a quelle animali..
Sulla salute questo ha degli effetti notevoli.le proteine vegetali non contengono colesterolo e grassi saturi, deleteri per l’organismo. I cereali e legumi possono fornire tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni rispettando la nostra tradizione mediterranea, basti pensare alla pasta e ceci o alla pasta e fagioli (senza cotiche!).
Poi i legumi contengono pochi grassi, molta fibra e discrete quantità di calcio e fosforo, vit B e freschi anche vit C.
Anche i nostri animali consumano troppa carne, che proviene dagli scarti delle produzioni intensive sotto forma di pet food, crocchette e scatolame.
Se vogliamo consumare della carne che non abbia un grande impatto ambientale la scelta delle produzioni biologiche è senz’altro la più sostenibile e di queste prediligere chi cura gli animali omeopaticamente.
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Differenza tra porco e maiale di Nandino il contadino
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